[Podcast] 3×04: Computer da trasporto
Torna il podcast di Archeologia Informatica con un tema molto particolare: computer portatili (e trasportabili).
La squadra capitanata da Simone Pizzi vede in campo Carlo Santagostino ed il sottoscritto, Stefano Paganini per parlare dei computer che hanno cambiato (ancor di più) il mondo – lontano da un tavolo…
Siamo partiti da considerazioni di evoluzione tecnologica e di mercato: Simone propone come punto di partenza la minaturizzazione, anche se probabIlmente sarebbe stato un processo ugualmente perseguito dall’industria informatica (sui desktop).
Propongo tre elementi di innovazione peculiari dei computer “on the move”:
– display LCD (e derivazioni) invece dei pesanti (e dispendiosi) CRT,
– l’adozione di tecnologie CMOS e simili per CPU e componenti, per un migliore utilizzo dell’energia e la relativa dissipazione del calore,
– l’utilizzo di sistemi operativi “always-on”: che necessitino molto meno di avvio/riavvio, ma che, oltre alla memoria costante, siano sempre disponibili all’uso e che, durante lo stand-by, siano in grado di preservare le batterie e l’energia a disposizione.
Abbiamo convenuto sul tema della “libertà” che un computer portatile, con grande enfasi delle pubblicità dell’epoca, era in grado di proporre agli utenti anche se, nei primi modelli, richiedeva doti da body builder per il trasporto di quei mostri…
Carlo propone un vero primo computer portatile, il Dynabook, un concept del 1968 proposto da Alan Kay, un personaggio che avrebbe in seguito avuto idee anche migliori (Smalltalk, Xerox PARC, ethernet …).
Il concept del Dynabook aveva anche un target ben preciso: “A personal computer for children of all ages”; come si può capire, “personal computer” e “children” erano due temi assolutamente innovativi per la fine degli anni ’60 (e lo sono in parte ancora oggi!).
Qui sotto, Alan Kay nel 2002, presenta in un documentario dell’NHK, un modello del Dynabook.
Abbiamo anche parlato del DYSEAC, un esempio portato da Carlo di un computer trasportabile del tutto particolare del 1954: era in uso all’esercito americano ed era (comodamente) ospitato su un camion…
Abbiamo ovviamente parlato dell’Osborne 1, considerato il primo computer trasportabile commercialmente di successo.
1981, Adam Osborne, allora scrittore di best-seller di informatica ha un’intuizione imprenditoriale: un computer trasportabile, non particolarmente performante (già all’epoca), aderente allo standard dei sistemi CP/M, quindi CPU Z80, 64Kbyte di RAM e doppio floppy.
La vera intuizione di Osborne fu tuttavia quella di vendere un computer a $1.795 (già la metà di alcuni sistemi professionali desktop dell’epoca) con l’aggiunta di $1.795 di software… già incluso che girava sotto CP/M 2.2: WordStar (il Word Processor), CalcStar (lo spreadsheet), MBasic e CBasic (rispettivamente interprete e compilatore Basic di Microsoft).
In altre parole, l’utente tornava a casa con un (pesantissimo, 15 kg) computer, con tutto il software necessario per lavorare (WP, spreadsheet e Basic) e qualche floppy: basta attaccarlo alla corrente!
Il progetto, a cura di Lee Felsenstein, ricordava già altre realizzazioni prototipali e, soprattutto, una macchina per cucire (!): la tastiera, robustissima e spartana, funge da coperchio per il frontale caratterizzato da due floppy drive, inizialmente da 90Kbytes…, e da un monitor CRT da 5″ che ne è diventato il simbolo (ed anche il peggio difetto); il tutto racchiuso da un case di una plastica veramente tosta (anche per i nostri tempi).
Felsenstein racconta che, per l’economia del progetto, il monitor non visualizzava 80 colonne (lo standard di riferimento dei computer professionali) ma solo 52 colonne: arrivati al bordo destro dello schermo, si proseguiva con uno scrolling orizzontale di tutto lo schermo!
Solo in seguito si diffusero diverse soluzioni, di Osborne e di terze parti, atte ad incrementare la sezione display card dell’Osborne 1; ulteriori modifiche furono introdotte anche riguardo ai floppy drive che arrivarono a gestire dischi doppia faccia doppia densità.
Nonostante il monitor minuscolo, l’O1 ebbe un notevole successo commerciale all’epoca: abbiamo ricordato alcune delle pubblicità in cui toniche signorine e aitanti giovanotti (nella pubblicità italiana di Iret Informatica), lo trasportavano in scioltezza, mostrando muscoli davvero incredibili.
Diversi i motivi della fine di Osborne e della sua creatura:
– a distanza di poco tempo, l’americana KayPro propose un portatile (in metallo = ancora più pesante) del tutto analogo all’O1 ma con un monitor CRT da 9″ con il supporto per le 80 colonne,
– nel 1981 IBM introduce il primo PC IBM ed il relativo universo MS-DOS/PC-DOS che avrebbe attaccato duramente il consolidato mondo business di CP/M,
– lo stesso Osborne, con una mossa che ancora oggi ha il suo nome, annunciò lo sviluppo del modello Executive (con monitor migliore etc etc) uccidendo, di fatto, le vendite dell’O1 e provocando una crisi finanziaria per la Osborne Corporation che si concluse, purtroppo, con la bancarotta due anni e due modelli dopo.
Tra le particolarità, segnalo la presenza di un’uscita videocomposito che permette il collegamento in parallelo (un vero second screen) di un monitor esterno di dimensioni più generose di quello interno.
Abbiamo anche ricordato come questo formato, stile ‘macchina da cucire’ debba molto al progetto dello Xerox NoteTaker (ancora una volta lo Xerox PARC!): un concept del 1978 basato su Intel 8086 (a 16 bit, quindi, ben prima del PC IBM), SmallTalk e con ben 256K di RAM; in realtà quasi tutta la prima generazione dei PC portatili prese spunto da questo modello, decisamente innovativo ed ante-litteram.
Abbiamo anche nominato alcuni dei più importanti pocket computer (ok, è una categoria collaterale…) quali lo Sharp PC-1211 del 1980, che permetteva di “tenere il Basic in mano”: un pocket computer molto spartano, con poco più di un singolo Kbyte di memoria, un display LCD da 24 caratteri ed una curiosa architettura con due processori Hitachi a 4 bit che si suddividono il lavoro; tuttavia il PC-1211 introduceva una interfaccia a cassette ed una stampantina che lo rendevano un sistema di calcolo (e storage) del tutto indipendente e portatile.
La durata della batteria e la memoria costante erano poi del tutto eccezionali per l’epoca: Sharp ripetè dopo poco tempo il successo con il PC-1500, al quale si interfacciava un mini plotter a 4 colori…
In una categoria del tutto a se stante, abbiamo citato due modelli molto importanti.
Partiamo dal TRS-80 Model 100, del 1983, altrimenti noto anche sotto le spoglie del nostrano (e bellissimo) Olivetti M10, oppure del NEC PC8201: nascono da un progetto Kyocera di un portatile con un form factor di poco differente da un A4, un po’ più spesso, alimentato da quattro normali batterie AA, basato su CPU 80C85 (la versione CMOS), 16Kb o 32Kb di RAM (alimentata in continuo) e con un sistema operativo (per così dire) molto semplice e completo di Wordprocessor e Basic, Microsoft, ovviamente.
Un prodotto che proponeva tre caratteristiche ancora molto interessanti:
– durata delle batterie quasi leggendaria,
– una tastiera veramente ben studiata,
– un display LCD da 8 linee per 24 caratteri (e 240 x 64 pixel) decisamente leggibile.
Il Tandy Model 100, grazie anche alla porta RS-232 (ed al modem incorporato di alcuni modelli) ebbe un buon successo tra i giornalisti.
L’altro modello, con un form factor simile, è l’Epson HX-20, spesso indicato quale primo vero laptop computer.
Anche in questo caso trovmia due processori Hitachi in parallelo ed una RAM da 16 a (ben) 64 Kbytes; il display è un po’ piccolino, 4×20 caratteri, 32×120 pixel, ma ben leggibile e la tastiera è di ottima qualità.
L’unità centrale incorpora anche un registratore a microcassette ed una stampantina termica: il più completo e compatto sistema dell’epoca!
Tornando ai ‘pesi massimi’, un modello interessante storicamente è sicuramente l’IBM Portable Personal Computer 5155 ed il Compaq Portable.
Proprio il Compaq Portable fu il primo vero IBM-compatibile, battendo Big-blue già nel 1982 di quasi un anno.
La risposta di IBM fu il modello 5155: in pratica lo stesso chassis del Compaq, con una motherboard di un PC-XT, due floppy a mezza altezza ed un monitor CRT ambra da 9″.
Il risultato non fu entusiasmante: meno caro rispetto alla concorrenza ma con poche feature in più, a parte ben otto slot ISA 8 bit…
Il resto della storia fu un susseguirsi di copie e controcopie, con annessa lotta sulle ROM e sulla compatibilità al 99,99% con lo standard del PC-IBM…
Non potevamo concludere la puntata senza nominare un computer portatile derivato da un vero best-seller desktop: il Commodore SX-64.
Ne abbiamo già parlato, con qualche ironia sul posizionamento in zona business negli spot televisivi dell’epoca…
Il Commodore SX-64 può comunque vantare il record quale primo computer portatile con un monitor a colori… e per un prodotto derivato da una delle più importanti piattaforme di gaming di sempre non è poco.
Buon ascolto a tutti!
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Bellissima puntata, credo però che abbiate completamente dimenticato almeno di accennare Hewlett-Packard series 80 serie anche conosciuta come small scientific computer del 1980 i laboratori delle università lo utilizzavano moltissimo anche per via della sua interfaccia HP-IB (GPIB, IEEE-488, IEC625). In particolare l’HP85 era un trasportabile e incorporava persino una piccola stampante termica. La sua borsa era fantastica!